Antieroe o criminale? Come sempre è difficile distinguere, e quando si tratta di un potentissimo mezzo di emulazione come il Cinema, è davvero scomodo scegliere. Nella pellicola di Michele Placido la scelta è stata probabilmente a favore del primo termine. Non che non si delinei la figura di René come criminale, ma la storia non racconta di un bandito, non racconta delle sue donne, non racconta della sua batteria, non racconta altro che un uomo dal carisma e dalla personalità così interessantemente strafottenti ed intrepidi, che ne valeva la pena raccontarla, ché alla base di ogni buona storia c’è un buon (nel senso letterario) personaggio. Che poi il personaggio sia una delle tante pagine buie del nostro paese questo, purtroppo, non fa parte del discorso artistico. Tocca in effetti lasciare da parte le illazioni e gli allarmismi sulla figura negativa che, ritratta sul bel viso di Rossi Stuart, è facilmente prestabile al desiderio di replica nella vita reale da parte di chi in questa vita, però, già è sbandato di suo. Insomma, un tranquillo ragazzo difficilmente vedendo il fim prova il desiderio di compiere un rapimento o una rapina. Bravissimo Kim Rossi Stuart, mai troppo convincente Placido alla regia, anche se il film scorre; raccontata una storia che non voleva essere raccontata, ma solo essere il prologo per il viso, gli sguardi, le parole, l’ironia, l’intelligenza del personaggio. Lui ne esce bene, lo spettatore ammira, ma credo che poi, facilmente, dimentichi di ricordare di aver visto il film. Io avrei preferito un dettaglio storico maggiore, un interesse per il contesto e il contorno della personalità di Vallanzasca. Dunque sono contento, ma non credo che comprerò il dvd del film.