Cari amici, ecco la nuova puntata del romanzo d’appendice Genuta:
in questa, Ramon e Genuta iniziano il percorso verso la radura, nel bosco che contiene il loro futuro
Ricordate, i vostri occhi vi ringrazieranno.
Buona lettura!
Vi stimo
Una storia ti entra dentro cambiandoti l’umore se ha almeno uno di questi due requisiti: un plot avvincente e una narrazione esperta. Se la storia ha entrambe queste caratteristiche allora è speciale. Molte delle serie tv americane hanno almeno una narrazione (visiva in questo caso) perfetta e dunque, anche se gli eventi non sono interessanti la serie, nel complesso, lo è.
In questi giorni ho ripreso a vedere Grey’s Anatomy che, a mio parere, è un vero gioiello. Ritmi serrati con musiche che condiscono mirabilmente i sentimenti dei dialoghi (simpatici, ironici, profondi, complessi), storie che possono a volte essere patetiche, semplicistiche, assurde, strappalacrime, divertenti, ma che nelle inevitabili flessioni di interesse sono appunto portate agli occhi e alle orecchie del pubblico in maniera così esperta, liscia come se stessi vedendo un litigio di due tuoi amici di fronte ai tuoi occhi (e non riusciresti mai a distrarti), una narrazione così abile che tutto va giù. Nei momenti in cui le storie sono anche interessanti il sorso di anatomia non va solo giù, ma ti riscalda le fibre interne regalandoti emozioni. Sembrerà una frase banale ma la verità è che ciò che ti arriva va proprio a toccarti lì dove le sensazioni si formano e si mescolano.
Potenza, potere e delizia di un arte che è sempre, per me magia.
E’ vero, dipende molto dal gusto e dalla sensibilità personale. Eppure io sono convinto assersore della contromassima: de gustibus est disputandum. A volte la soggettività non c’entra.
Leggo dal blog lostpedia che si torna sull’isola di Lost Mercoledì 21 Gennaio; alle 20 ci sarà un episodio di riassunto delle quattro serie, alle 21 il primo episodio della quinta e alle 22 il secondo, dunque una premiere di due ore, come dicono i bell’imbusti di oltreoceano. Beh, io ci sarò senza dubbio, anche se nel frattempo sto seguendo diverse altre serie di cui vi parlerò su queste pagine.
Ma perché sempre gli americani ci acchiappano in reti narrative così ben strutturate da non poterne più fare a meno? Non so se mi capite quando aspetto il nuovo episodio di una serie perché la giornata volga al positivo (non che abbia di che lamentarmi ma chiudere la giornata con una bella storia è sempre molto piacevole).
Come dice John Donne: “nessun uomo è un isola”.
Aggiungo che nessuna isola ha così tanti abitanti.
Io ho dei pregiudizi. Come tutti. E godo quando il pregiudizio viene confermato dal giudizio, successivo, dunque ponderato. Qualcuno dice che è brutto giudicare. Non ho mai capito che vuol dire questa affermazione. Chi non giudica non pensa, chi non pensa è di là nel mio salone, si chiama “pianta”.
Il mio pregiudizio è che i film italiani fanno mediamente pena. Un altro mio pregiudizio è che i figli d’arte spesso si sentono infusi del presunto talento del padre e via a tirare fuori oggetti artistici di dubbio gusto. Già in Italia siamo pieni di Autori (mica con la “a” minuscola, che sei matto?), che fanno i film perché sono osannati da una comunità di presunti cervelli, ma la maggior parte non li capisci. Poi ci metti il figlio di un autore senza dubbio di alta qualità (perché di tempo ne è passato e soprattutto l’autore è morto, quindi si può smettere di leccargli il…narcisismo), e un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per il Cinema (mica perché ti chiami Tognazzi però, che sei matto? Ah no, aspetta, nel film per tre minuti si vedono dei quadri). Metti questi due elementi ed esce L’uomo che ama.
Ok è un film dove a soffrire come un cane è l’uomo, il maschio, l’eroe dei film, e dovrebbe essere insolito il punto di vista (come se fosse il primo film a mostrarlo, geniale!)
Ok è un film con degli attori davvero bravi (a giudizio mio, ché non sono una pianta)
Ok ci sono i tagli di luce che fa molto Caravaggio e fa molto: “però bella la fotografia!”
Ok c’è la Bellucci nuda (ché in nessun film lo è)
Ok che c’è la Comencini che non si batte ad incompetenza
Ok, ma la domanda ultima dopo che vedi il film, quella proprio che ti esce dal cuore rosso di amore per il cinema, è: qual’è il senso di questo film, che ce lo hai fatto vedere a fare? Perché?
Cari amici e lettori di Genuta, continua la pubblicazione ormai regolare delle puntate il Martedì. Siamo alla 19sima. La storia va avanti, e la svolta appena avvenuta nell’avanzata di Ramon e Genuta verso la liberazione dalla prigionia della protagonista che dà il nome al titolo, e che porta dentro di sé i caratteri di una umanità sempre più disillusa, ma pronta a reagire, dicevo questa svolta nella narrazione porta il racconto ad un superiore livello di avvenimenti e di sensazioni.
A volte mentre scrivo mi sento davvero in balia di un differente modo di vedere e di percepire la realtà che mi circonda, e poiché la sensazione è delle più analizzate da fisici, metafisici, psicologi e psichiatri, è inutile che ne parli io, in termini analitici, sebbene credo sia sempre utile che ne parli per tornare a ragionarci, ognuno con le proprie pause e direzioni di riflessione. Dico ciò perché scrivere e leggere una storia è l’atto più semplice e potente che esista. Veramente, senza sotterfugi, noi non siamo più qui davanti al computer.
Leggete così e sarete vivi. Come spesso vi ricordo: i vostri occhi ve ne saranno grati.
Vi stimo
messaggio dedicato all’aumento del bisogno di lettura. Creare bisogni è uno degli strumenti del marketing; se proprio dobbiamo cedere al consumismo, facciamolo con i libri. Leggere attentamente il foglio illustrativo, la somministrazione può aprire canali inespressi dell’Io. Ulteriori informazioni su www.andreaorlando.name